Di Giorgio Pogliotti

Il prossimo anno, in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi, in tanti rischiano di vedersi negare il rimborso delle spese da portare in detrazione al 19%. La legge di Bilancio, infatti, ha introdotto l’obbligo, a partire dal 1° gennaio 2020, di utilizzare sistemi tracciabili (bancomat, carta di credito, carte prepagate, assegno, versamento bancario o postale) per i pagamenti . L’allarme è lanciato dalla Consulta dei Caf che ha chiesto un intervento dell’Agenzia delle entrate e del ministero dell’Economia per rendere più graduale l’impatto della nuova normativa.

Il riferimento è alle spese che andranno conteggiate nel modello 730 del 2021, in riferimento ai redditi 2020. Più nel dettaglio, per beneficiare delle detrazioni al 19% dal 1° gennaio le spese sanitarie presso liberi professionisti, dentisti, asilo nido, palestre per ragazzi, devono essere tracciabili, unica eccezione sono le spese per l’acquisto dei medicinali, dispositivi medici e per le prestazioni rese da strutture del Sistema Sanitario Nazionale (pubbliche o accreditate).

Caf: molti continuano a pagare in contanti
Dall’osservatorio dei centri di assistenza fiscale evidenziano come in tanti continuano a pagare in contanti: «Questa misura – spiegano Massimo Bagnoli e Mauro Soldini, coordinatori della Consulta Nazionale dei Caf – è condivisibile ed in linea con le nostre proposte a livello di politiche d’incentivo ai pagamenti con mezzi tracciati, ai fini di un più efficace contrasto all’evasione fiscale».

Ad alimentare le preoccupazioni contribuiscono elementi applicativi della norma ancora da chiarire, nonché i ritardi da parte di alcuni erogatori di servizi a dotarsi dei Pos, ma soprattutto la mancanza di conoscenza della nuova normativa da parte dell’intera platea di contribuenti. Di qui la richiesta dei due coordinatori della Consulta dei Caf di avere «indicazioni chiare da parte dell’Amministrazione sul nuovo regime (tipologia di spese incluse o escluse, documentazione necessaria), anche considerando l’opportunità di salvaguardare tutti quei contribuenti che non hanno applicato tempestivamente le nuove disposizioni, in virtù di quanto sancito dallo Statuto dei diritti dei contribuenti».

La proposta: moratoria per i pagamenti almeno di 60 giorni
È per questo che la Consulta, dopo un primo confronto con l’Agenzia delle Entrate, propedeutico a chiarire una serie di quesiti applicativi della norma, ha chiesto un intervento del ministero dell’Economia affinché ristabilisca una «condizione che agevoli i cittadini, soprattutto dipendenti e pensionati, per evitare loro diversi malintesi , tali da compromettere il naturale corso dell’esercizio del diritto all’accesso alle agevolazioni fiscali».

La proposta è quella di prevedere un periodo congruo, almeno i primi 60 giorni, in cui sono fatte salve le detrazioni al 19% per i pagamenti in contanti, un lasso di tempo in linea con quanto previsto dallo Statuto del contribuente in occasione dell’entrata in vigore di nuovi adempimenti fiscali.

Il precedente, i sei mesi di moratoria per lo scontrino parlante
Una situazione analoga accadde con la legge Finanziaria del 2007 che introdusse lo scontrino parlante a partire dal 1° luglio. In quell’occasione per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2007 il Mef consentì di detrarre anche scontrini non parlanti o incompleti, con l’autocertificazione del contribuente del codice fiscale dell’acquirente, l’indicazione sulla tipologia e la quantità dei farmaci acquistati.

Per approfondire:
● Lo scontrino cambia ma resiste: le nuove regole dal 1° gennaio

● Smartphone e contactless trainano i pagamenti digitali

Fonte: Il Sole 24ORE del 23/01/2020 http://amp.ilsole24ore.com/pagina/ACOHQeDB

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